Cosenza, caso Palazzo Edera. Tutte le domande alle quali non rispondono i colletti bianchi del Comune

L’affare del Palazzo Edera di Cosenza che – come al solito – da soli abbiamo sollevato nel sllenzio complice e imbarazzato dei media di regime assoldati da don Pierino lo strozzino, ha fatto e sta facendo ribollire l’intera città.
E utilizziamo il verbo ribollire perché con le temperature che aumentano, aumenta l’incazzatura dei cosentini nel paragonare la loro difficile situazione economica con gli affari che fanno a Palazzo dei Bruzi per arricchire indebitamente i loro amici. Meglio se usurai…

Per chi non l’avesse ancora capito stiamo parlando del favore indebito per quel che resta di Palazzo Edera che hanno fatto Franz Caruso, con il suo cappuccio e il suo grembiule, insieme a Luigi Incarnato, con i suoi tic.. chettii e al leggendario Nicola Adamo meglio noto come Capu i Liune.

Favore indebito che la banda in questione ha fatto a don Pierino Citrigno, che si è visto riconosciuto un indennizzo che sarà a sette zeri sebbene ancora non quantificato per il futuro utilizzo del Palazzo cosiddetto Edera che era stato costruito con alcuni piani abusivi fatti abbattere dal sindaco Giacomo Mancini.

Ebbene, siamo stati i soli a smascherare l’affare non perché siamo bravi ma solo perché siamo onesti e non ci facciamo comprare dalle pubblicità avvolgenti di don Pierino, non a caso detto lo strozzino. Ma tanto è stato il clamore che l’amministrazione è stata costretta a rispondere ugualmente provando a mettere una pezza che come vedrete è peggio del buco.

Per cercare di spiegarvi la porcata che Frenz, Giggino e Capu i Liuni hanno messo in piedi a vantaggio di don Pierino abbiamo interpellato un esperto in contabilità degli enti pubblici.

Innanzitutto, la cosa fondamentale è che il consiglio comunale del 10 giugno con votazione unanime – tanto per chiarire come destra e sinistra in Consiglio siano la stessa cosa – riconosce l’arricchimento dell’ente per l’acquisizione del manufatto abusivo e la funzione sociale del manufatto stesso (destinato all’edilizia sociale).

E’ esattamente quello di cui aveva bisogno l’OSL (Organismo Straordinario di Liquidazione), evidentemente, per levarsi dall’impaccio di riconoscere il debito fuori bilancio necessario ad ammettere al passivo la società Edera di che trattasi, in assenza di una sentenza passata in giudicato che faccia espressamente obbligo all’ente di corrispondere un tale importo. Di fatto, il Consiglio comunale ha deliberato per fornire all’OSL un elemento di legittimazione a fare ciò che si è rifiutato di fare (in questo solo caso tra centinaia) dal 2020 in poi.

In più Frenz, Giggino e Nicola Capu i Liuni si “abbrancicano” ad una sentenza del Consiglio di Stato che avrebbe concesso nel 2018 al Comune la “facoltà di invocare la decadenza del diritto di superficie”. E dicono anche che la convenzione urbanistica che “nei casi di decadenza” prevede un indennizzo determinato da una commissione che l’Amministrazione non ci dice se sia stata mai costituita e se abbia mai deliberato. E questo per come è di facile comprensione per tutti rappresenta una grave omissione.

I tre furfanti, beccati con le mani della marmellata, si giustificano dicendo che vi sarebbe una istanza all’OSL del 2020 “di indennizzo”. E la procedura incardinata presso l’OSL sarebbe “in itinere”.

Anche qui – ci spiega l’esperto da noi interpellato – “è il caso forse di precisare che nessun soggetto può avanzare ad un OSL, organo incaricato di liquidare i creditori del dissesto dell’ente, una “istanza di indennizzo”.

Più verosimilmente si tratta di un’istanza di ammissione alla massa passiva. Di tali istanze ne sono state presentate centinaia. Alcune sono state immediatamente inserite al passivo da liquidare, con pieno riconoscimento del debito; altre sono state ammesse parzialmente, altre sono state ammesse solo dopo una transazione con il creditore e, infine, molte risultano respinte, con conseguente disconoscimento del debito nei confronti del reclamante creditore.

E qui casca l’asino o meglio sarebbe dire cascano i tre ciucci perché non spiegano cosa avrebbe impedito all’OSL, in questi quattro anni, di non decidere nulla sulla richiesta di ammissione al passivo della società costruttrice dell’immobile abusivo.

E infatti adesso i tre ciucci nascondono la mano dopo aver tirato la pietra dicendo che “al momento non è avvenuta alcuna valutazione”, con ciò dissimulando il valore e la portata di una parte fondamentale dell’atto deliberativo assunto dal Consiglio il 10 giugno scorso che è quello appunto di riconoscere a don Pierino di aver liquidato dall’organismo comunale l’indennizzo.

In parole semplici semplici senza la decisione del consiglio comunale del 10 giugno don Pierino non avrebbe ottenuto una bella ralla.

A questo punto- ci dice l’esperto – la toppa dell’amministrazione apre scenari inquietanti e impone una serie indefinita di domande… 

Quando è stata esercitata, se è stata esercitata, la facoltà di invocare la decadenza del diritto di superficie? Chi avrebbe perfezionato l’esercizio della facoltà? Aveva le risorse finanziarie per coprire l’impegno dell’indennizzo? Se no, come sembra evidente, l’amministrazione Caruso ha provveduto a denunciarlo per danno erariale alla Corte dei Conti, per come aveva promesso di fare in campagna elettorale per perseguire i responsabili del dissesto dell’Ente?

E ancora se la facoltà di decadenza è stata esercitata, è stata poi costituita la commissione che doveva definire l’indennizzo? Chi era il rappresentante dell’Ente? Ha preteso costui a deconto il conteggio dell’indennizzo alla città del danno d’immagine causato da quell’abuso edilizio?

E ancora di più se è stata esercitata la facoltà e la commissione ha determinato l’indennizzo, chi ha omesso di iscrivere in bilancio il debito procedendo al necessario riconoscimento ex art. 194 TUEL? L’Amministrazione Caruso ha provveduto a deferirlo alla Corte dei Conti per il danno erariale causato dal ritardato riconoscimento?

E infine è possibile che l’indennizzo non sia mai stato inserito in bilancio perché, mancando i presupposti dell’art. 194, forniti dalla delibera consiliare del 10 giugno, non era assolutamente legittima alcuna corresponsione alla ditta protagonista del grave abuso edilizio?

Come appare evidente a chi è digiuno si capisce che i tre hanno fatto un bel
pasticcio e le domande sarebbero ancora più inquietanti se dovessimo apprendere che la facoltà di invocare la decadenza del diritto di superficie non sia stata mai correttamente formalizzata (come sembrerebbe di leggere dalla dichiarazione dell’amministrazione), oppure se dovessimo sapere che la commissione per determinare l’indennità non è stata mai costituita o non è mai giunta a una conclusione, oppure se dovessimo sapere che l’infruttuosa decadenza del termine decennale per la realizzazione dell’opera ha di fatto determinato l’inefficacia della convenzione edilizia e quindi la mancanza del diritto all’indennizzo che oggi Caruso, Incarnato e Adamo definiscono a vantaggio di don Pierino lo strozzino.

Alla fine della chiacchierata l’esperto insinua un dubbio e cioè: se la Regione non realizza l’immobile per l’edilizi convenzionata, allora viene meno la funzione sociale del bene e, con essa, il presupposto legittimante ex art. 194 TUEL del relativo riconoscimento del debito fuori bilancio. In tal caso, lo sanno i consiglieri, che all’unanimità hanno votato la delibera del 10 giugno, che saranno loro a dover rispondere del danno erariale dell’ingiusta corresponsione dell’indennizzo a don Pierino? Noi pensiamo che lo sappiano…