Cosenza, è morto nel carcere di Parma il boss Ettore Lanzino

Il boss Lanzino

“Ettaruzzu”: così veniva chiamato  negli ambienti della ‘ndrangheta cosentina Ettore Lanzino, 69 anni, morto oggi nel carcere di Parma dove era detenuto dal 2012 in regime di 41 bis. Lanzino ha legato la sua figura alla storia delle cosche bruzie per esserne stato il capo riconosciuto sino all’arresto avvenuto il 16 novembre del 2012 in un appartamento di Rende, al termine di una latitanza – decisamente molto chiacchierata e oggetto di numerosi procedimenti giudiziari all’interno dei carabinieri di Cosenza – iniziata il 10 settembre 2009. Ettore Lanzino soffriva da tempo di una grave patologia cardiaca e i medici avevano previsto ormai da anni che non avrebbe vissuto a lungo.

Condannato all’ergastolo con sentenza definitiva per gli omicidi di Francesco Bruni, Vittorio Marchio e Marcello Calvano e a trent’anni per l’uccisione di Enzo Pelazza, Lanzino era cresciuto all’ombra del potente capobastone Franco Pino, divenuto poi collaboratore di giustizia nel 1995. Nell’ultima maxioperazione della Dda di Catanzaro denominata “Reset” ancora una volta il padrino, nonostante fosse detenuto da anni, era indicato come uno dei maggiorenti delle cosche cosentine “federate” e come punto di riferimento delle nuove generazioni di picciotti.

Ma si era parlato abbondantemente di lui anche nel blitz “Sistema Rende” per il caso, per certi versi clamoroso, della sua assunzione in una cooperativa del comune rendese ai tempi in cui era controllato da Sandro Principe. Non sono mancate successivamente le indagini della Dda di Catanzaro sui suoi intrecci con l’ex sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, sempre nell’ambito della gestione delle cooperative ma anche del gran casino dell’appalto di Piazza Fera. E si è parlato a lungo anche degli intrecci del suo clan con l’ex sindaco di Rende Marcello Manna, sotto la cui guida il Comune è stato sciolto per infiltrazioni mafiose che riguardano da molto vicino soprattutto i suoi “gregari” Michele e Umberto Di Puppo, che insieme a Francesco Patitucci dopo il suo arresto erano diventati reggenti del clan Lanzino-Patitucci.