Gad Lerner spiega perché Meloni-Trilli fa le faccette

(DI GAD LERNER – ilfattoquotidiano.it) – E se Giorgia Meloni in verità fosse la fatina di Peter Pan, ovvero Trilli detta anche Campanellino?

Non prendetemi per matto. Concentratevi, piuttosto, sulla sapiente trasformazione in corso dell’immagine del nostro presidente del Consiglio. Ci sta lavorando gente esperta. Non è solo questione di look, trucco e parrucco, armocromia. Qui si sta edificando un’icona popolare che possa essere facilmente riconoscibile da grandi e piccini, così da dissolvere con un battito di palpebre le più antipatiche reminiscenze del passato, intenerire le mamme per la sua operosità, inorgoglire il maschio italiano disabituato a farsi guidare da una donna e, perché no, divertire anche i bambini. Sta succedendo, e non certo contro la volontà di Giorgia Meloni, che il suo profilo pubblico assuma sempre più le sembianze di una caricatura, da personaggio dei fumetti e dei cartoni animati. La figurina bionda che a Biden venne spontaneo baciare sul capo come una nipote – lei aveva già sentito il bisogno di precisare che non si sente Cenerentola quando rappresenta il Paese alla Casa Bianca – da Mentana è parsa accettare di buon grado perfino il nomignolo di “nana”. Il marchio “Giorgia”, escogitato per rastrellare preferenze elettorali esasperando al massimo grado la personalizzazione del potere che dovrebbe poi culminare nell’introduzione del premierato, per funzionare deve avvalersi di riflessi comportamentali basati su un sapiente impiego della mimica facciale.

La prima volta che Giorgia vi fece ricorso, esibendosi in una gag muta di smorfie, roteando le pupille, strabuzzando le palpebre, allargando le braccia e portandosi le mani sui capelli per quasi un minuto di fila, mandò in visibilio la platea dell’Assemblea nazionale di Fratelli d’Italia del 2022 a Milano. Rispondeva così, ridicolizzandola, alla domanda di un giornalista che aveva maldestramente evocato le camicie nere. Funzionò alla grande e da allora questa è diventata la tecnica con cui Meloni liquida al pari di assurdità qualsiasi richiamo al fascismo le venga sottoposto. I ragazzi di Gioventù Nazionale gridano Sieg Heil e fanno il saluto romano? Ma osservate Giorgia, tranquillizzatevi, dimenticate la postura minacciosa che appartiene al suo passato remoto, non lasciatevi trarre in inganno dalla voce tonante che promana da un fisico minuto che è l’esatto contrario di quello del Duce.

Giorgia è diventata altro. Se il deputato Bonelli a Montecitorio le attribuisce “uno sguardo così inquietante”, lei si agita sogghignando fino a coprirsi il volto sotto la giacca, e così, corpo senza testa, finisce immortalata anche sulla prima pagina del Wall Street Journal. Al vertice di Borgo Egnazia esulta per il Nessun dorma cantato da Andrea Bocelli e poi si lancia nel ballo della pizzica. Aveva chiuso la campagna elettorale strizzando l’occhiolino e fingendo sorpresa di fronte a un banco di ciliegie “Versione Giorgia”. Ormai il suo pubblico aspetta ogni volta il momento in cui lei farà “le facce”. Birichinate da monella che detesta la seriosità dei cerimoniali della classe dirigente, in ciò discepola di Berlusconi. Ma ciò che nel Cav appariva spontaneo qui sembra rispondere a un calcolo politico: mentre l’Europa si interroga sulla portata dell’“onda nera” dei sovranisti Meloni avverte il bisogno di sdrammatizzare, minimizzare la portata dell’offensiva che cavalca.

Se necessario, ricorrendo alla tradizione italiana della Commedia dell’arte piuttosto che alla più minacciosa retorica populista d’antan, e dunque perfino riducendosi a macchietta. Guardatemi, pensate davvero di potervi aspettare qualcosa di male da una tipa autoironica come me? Da qualche tempo le foto e i filmati prodotti a Palazzo Chigi hanno dismesso l’iniziale solennità, rovesciandola nell’esaltazione dei particolari che restano impressi: i primi piani delle labbra ben dipinte, gli sguardi complici della ragazza del popolo, l’idioma popolaresco. Il tutto mirando a rovesciare l’immaginario tradizionale dei leader dell’estrema destra, relegati in un passato che ci invita a considerare irripetibile. Soprattutto, a fugare i presagi di guerra che gravano nuovamente sull’immaginario dei cittadini.

Se nel repertorio disneyano il predecessore Berlusconi poteva richiamare Paperon de’ Paperoni, Giorgia preferisce ritrarsi come una Minnie che non dissimula, storcendo la bocca, quanto le fanno male i piedi dopo una giornata intera issata sui tacchi. L’evoluzione della specie che da underdog l’ha portata a farsi Cenerentola (anche lì c’era un problema di scarpine da indossare) per poi diventare una Minnie operosa, un’ape regina, adesso, nel mentre è impegnata a trattare con i partner europei gli assetti dell’Ue, rassicurandoli, agli italiani ambisce a presentarsi come una statista di tipo completamente nuovo, protagonista di una favola a lieto fine. Altro che l’immaginario fosco di Tolkien: la nostra Trilli, per l’appunto, Campanellino, la fatina volante di Peter Pan. Peccato che la realtà circostante somigli piuttosto a un film horror.