Ponte. Caro Salvini, non svegliare la “Oga Magoga” che è in noi calabresi (di Pino Tassi)

MATTEO SALVINI NON SVEGLIARE L’OGA MAGOGA CHE È IN NOI CALABRESI

di Pino Tassi

Il candidato Matteo Salvini, inteso Cazzaro Verde, dedito alla costruzione del Ponte sullo Stretto, e che, un giorno si e  l’altro pure, viene a frantumarci i cabbasisi, ci parli della mitologia dello Stretto. Questo dovrebbe essere l’esame a cui sottoporre Matteo Salvini e tutta la schiera dei fautori del si ponte.

E per essere più precisi: il candidato Salvini conosce due scrittori come Giuseppe Occhiato e Stefano D’Arrigo?
Negli anni ’80 l’editore Demetrio Guzzardi di Cosenza pubblicò il romanzo epico, “Oga Magoga”, di 1.300 pagine (in tre tomi) di Giuseppe Occhiato. Guzzardi ebbe la vista lunga. Oggi questo libro, a distanza di tanti anni, è stato ripubblicato da “Il Saggiatore” e il Corriere della Sera gli ha dedicato un’intera pagina titolando: “Odissea calabra con minotauro in 1.299 pagine”. Un’opera ciclopica che ricorda “Horcynus Orca” di Stefano D’Arrigo, di 1.278 pagine. Occhiato, morto nel 2010, è stato uno storico e scrittore, originario di Mileto (Vibo Valentia).

Oga Magoga, premiato nel 2003 col Premio Corrado Alvaro, è un poema epico popolare che trova il suo protagonista in Rizieri Mercatante, ritornato al paese con la caduta del fascismo, nella turbolenta estate del 1943. Un topos comune che però viene caratterizzato dal terrore che Rizieri prova per un Minotauro che, crede, si stia aggirando nella sua terra mitica in cui le dure e spietate realtà culturali e sociali si intrecciano alla magia dei racconti e dei riti. Di crudeltà e fascinazioni, di ferocia e innocenza.

Giuseppe Occhiato faceva il preside, un intellettuale a tutto tondo. Vissuto nella città natale fino al trasferimento a Firenze negli anni ottanta, si interessò sin dall’inizio all’architettura medioevale e fu tra i primi in Calabria a dedicare studi all’architettura ecclesiastica normanna. Dall’espressione “Gog e Magog” deriva il popolare modo di dire “andare in goga e magoga”, che significa “andare in un paese molto lontano”. A esso si rifà il titolo dell’album Goga e Magoga di Davide Van De Sfroos. Gog e Magog sono i nomi dei cani di Stelio Èffrena nel romanzo Il fuoco di D’Annunzio.

Ci parli, allora, il nostro Cazzaro di Padania, della magia dello Stretto che esce dai loro romanzi principali, Oga Magoga e Horcynus Orca. Ci parli degli incantesimi, delle magie, delle streghe, dei miti, delle leggende, della gente delle due sponde, che loro hanno magistralmente descritto in questi due capolavori dimenticati da tutti, forse perché ambientati tra i popolani dell’estremo Sud. La gente che si affaccia sullo Stretto non ha mai avuto bisogno del ponte per dialogare. Usi, costumi, linguaggi, modi di vivere e dire, leggende, sono simili. Il mare non è mai stato un muro, ma un elemento identificativo e di abbraccio tra le due sponde. Il ponte, invece, potrebbe essere un muro invalicabile, uno sfregio alla nostra cultura.

Dai Matteo Salvini, ce la puoi fare e se non riesci a capire il loro linguaggio ti puoi far aiutare dai tanti meridionali che svendono la propria anima per un falso progresso.

E ce la può fare anche il nostro presidente Roberto Occhiuto che invece di costruire città fantasmagoriche per riprodurre la Malesia di Sandokan in Calabria, potrebbe favorire  il far  conoscere le opere dei nostri scrittori e impegnare  la Calabria Film Commission a trasposizioni cinematografiche di questi capolavori. Per non parlare dei tanti festival letterari e culturali finanziati dalla Regione Calabria per un pugno di… voti.

Altrimenti, Matteo Salvini, taccia per sempre e non venga a tediarci con le sue minchiate. Noi siamo gente paziente, ma va a finire che il giorno che si presenterà a trivellare i fondali, sveglierà dal sonno secolare i nostri mostri. E se si svegliano l’orca di D’Arrigo e il Minotauro di Occhiato saranno sventure e maledizioni per tutti, padani, nordici, calabresi e siciliani. Poi non dite che non vi avevamo avvisato.