Prodi pugnala Schlein, nel Pd il putiferio per il nome nel simbolo

(STEFANO IANNACCONE – editorialedomani.it) – Come se la giornata non fosse già complicata per il Pd, tra il puzzle delle liste e lo psicodramma del simbolo con il nome di Elly Schlein, ci ha pensato Romano Prodi a colpire la segretaria, nel giorno in cui ha annunciato con slancio la candidatura alle europee.

Seppure nelle sole circoscrizioni Centro e Isole. «Perché dobbiamo dare un voto a una persona che di sicuro non ci va. Queste sono ferite della democrazia, si scava un fosso per cui la democrazia non è più amata», ha detto l’ex presidente del Consiglio. Certo, ha precisato che il riferimento valeva per tutti, compresi Giorgia Meloni e Antonio Tajani. Ma i danni sono stati fatti nel suo campo, quello di centrosinistra. Nonostante le ferite della democrazia, di questi tempi, sono tutt’altre.

La pugnalata dell’ormai ex mentore di Schlein ha lasciato il segno. Tanto che a Giuseppe Conte, che si muove ormai da avversario numero uno del Pd, non è parso vero.

Così l’ex presidente del Consiglio ha prontamente indossato la veste prodiana attingendo all’innata capacità pirandelliana di essere uno, nessuno e centomila. «Condivido quello che ha detto Prodi, questa è una ferita per la democrazia, perché stiamo ingannando i cittadini», ha gongolato il presidente del Movimento 5 stelle, giurando di non voler alcuna personalizzazione del simbolo.

NOME DELLA DISCORDIA

E così più dei nomi delle liste del Pd alle europee, ha diviso un solo nome, quello che più di tutti avrebbe dovuto unire: Elly Schlein, appunto. Proprio la leader vincitrice delle primarie oltre un anno fa, la donna della svolta. Eppure la sola ipotesi che nel simbolo potesse esserci il nome della segretaria ha scatenato un putiferio a Largo del Nazareno, innescando tensioni che non si vedevano da tempo. Tanto che la decisione di mettere il nome della segretaria nel simbolo, data per scontata fino a ieri a mezzogiorno, è slittata.

È previsto un supplemento di riflessione, benché il tempo sia poco: nelle prossime ore bisogna consegnare i loghi elettorali. Addirittura, è stato consigliato alla segretaria di evitare la conta in direzione sull’inserimento del nome nel contrassegno elettorale.

Qualcuno ha paventato il più clamoroso degli harakiri, la bocciatura in diretta streaming. Così Schlein ha frenato, in attesa di capire se ha intenzione di fare totale retromarcia. Di fatto è mancato l’ultimo passo per un atto di coraggio in vista del voto di giugno. Al momento non c’è stato alcun “all-in”.

La segretaria aveva ceduto alle pressioni già non candidandosi in tutta Italia come si prospettava qualche settimana fa. Sarà in appena due circoscrizioni.

L’operazione-simbolo è stata comunque gestita con una certa sufficienza. Il presidente del Pd, Stefano Bonaccini, era stato avvisato, ma l’informazione non è stata trasmessa all’intero corpo dirigente.

Così di buon mattino, di fronte alla proposta avanzata alla segreteria, alcuni sono cascati dal pero. I deputati Marco Sarracino e Peppe Provenzano, vicini ad Andrea Orlando, e l’ex capogruppo alla Camera Debora Serracchiani, area Bonaccini, hanno messo a verbale la loro contrarietà. E subito a ruota altri esponenti hanno evocato l’eccesso di personalizzazione, a cominciare dall’ex presidente del partito, Gianni Cuperlo.

E le liste? Quello che sembrava l’oggetto della contesa principale è stato il tema secondario. Sono state approvate dalla direzione senza isterie e con qualche novità, come l’ingresso di Eleonora Evi, già eurodeputata del Movimento 5 stelle (passata con i Verdi) e attuale deputata di Avs, seppure in rotta con Angelo Bonelli. La segretaria, alla fine, è uscita bene da questa partita. Se non fosse stato per Prodi e la querelle-nome.

VINCITORI DI LISTA

Lo schema è ora definito con Schlein capolista al Centro e nelle Isole, Bonaccini al Nord-Est, seguito da Annalisa Corrado. Nella stessa circoscrizione anche l’ex deputata Giuditta Pini e l’attuale europarlamentare Alessandra Moretti. Cecilia Strada è prima in lista al Nord-Ovest, con lei anche Brando Benifei e Irene Tinagli, due eurodeputati uscenti, l’attuale parlamentare Alessandro Zan e il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. Confermate le candidature al Centro di Nicola Zingaretti e Dario Nardella, che seguono la segretaria nella circoscrizione, insieme all’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, e all’ex sottosegretaria Alessia Morani.

Al Sud come previsto c’è la giornalista Lucia Annunziata, poi il sindaco di Bari, Antonio Decaro, e la vicepresidente dell’europarlamento, Pina Picierno. Ma al Sud il grande vincitore è Lello Topo, deputato nella scorsa legislatura e macchina di preferenze in Campania, molto vicino al presidente del Copasir, Lorenzo Guerini: il veto di alcuni dirigenti regionali è caduto per volere della segretaria, che ha quindi avallato la richiesta di Bonaccini.

Proprio il presidente della regione Emilia-Romagna sarebbe sulla carta uno dei grandi vincitori nel mosaico delle liste. Solo che non ha avuto nemmeno il tempo per festeggiare: la vicenda del nome di Schlein nel simbolo gli è scoppiata in mano, e molti della sua corrente lo hanno accusato, off the record, di aver «trattato solo per se stesso». Ora la geografia interna del partito è destinata a essere riscritta. Ma, adelante con juicio, dopo le europee.