Protesta biomasse Cutro, gli operai sulla ciminiera: “In questa storia gli unici a pagare siamo stati noi”

CUTRO – “Siamo qui sul camino fumi perché alla fine a rimetterci sono sempre gli operai”. Sono le parole amare di Aldo D’Auria, uno dei 15 operai della Serravalle Energy che dal pomeriggio di martedì 22 aprile sono saliti sulla ciminiera della centrale biomasse di Cutro per rivendicare il loro diritto allo stipendio, ma soprattutto al futuro. D’Auria è uno dei due operai che hanno trascorso la notte a 52 metri di altezza, mentre i colleghi si sono accampati distribuendosi sui livelli più bassi del camino fumi. “E’ stata una notte difficile. Abbiamo messo tende e sacchi a pelo. C’è stato vento. Ma dobbiamo farlo perché abbiamo timore sul futuro. Certo rivendichiamo gli stipendi, chiediamo che nel caso la situazione si prolunghi l’Inps ci riconosca la Cassa integrazione e siamo preoccupati per quello che potrà accadere ora che la centrale è stata dissequestrata. Non abbiamo certezze. E se il Gse sospenderà nuovamente gli incentivi come era accaduto dopo il sequestro, cosa accadrà?”.

La preoccupazione degli operai deriva dalla intricata vicenda giudiziaria in cui è finita la Serravalle Energy coinvolta nell’operazione Black Wood con la quale il 4 ottobre 2022 la Dda di Catanzaro ha eseguito una serie di misure cautelari nell’ambito di un’inchiesta per reati ambientali: la Procura distrettuale antimafia ha ipotizzato che l’industria che produce energia da biomasse e le altre società attive nel settore fossero state il veicolo per commettere reati ambientali all’interno di una associazione a delinquere. Da qui il sequestro a seguito del quale, nonostante l’azienda fosse garantita da un’amministrazione giudiziaria, sono stati sospesi gli incentivi previsti per legge da parte del Gestore nazionale dei servizi energetici (Gse). Incentivi che per la centrale di Cutro ammontano a quasi 20 milioni di euro.

Una perdita importante che ha provocato la carenza di liquidità per l’azienda ed il fermo dell’impianto dal novembre del 2023. A pagarne le conseguenze sono stati soprattutto i 37 operai per i quali era stata avviata la procedura di licenziamento collettivo che, per loro fortuna, è stata scongiurata anche a seguito dello sblocco degli incentivi del Gse. La centrale, però, non è mai tornata in funzione e per gli operai c’era stata la richiesta di cassa integrazione che, però, l’Inps ha rigettato sostenendo che non c’erano le condizioni per dichiarare lo stato di crisi. L’azienda, con scarsa liquidità, non ha potuto anticipare la Cassa integrazione e i dipendenti sono rimasti senza stipendio da febbraio. Nella giornata di martedì il giudice Mario Santoemma che coordina l’amministrazione giudiziaria ha autorizzato il pagamento degli stipendi di febbraio e marzo per 45 mila euro.

La richiesta degli operai è “ora che avverrà il passaggio di consegne dopo il dissequestro si facciano le cose con regolarità per evitare che a pagare siamo ancora noi. Quelli trascorsi sono stati mesi durissimi trascorsi nell’incertezza continua. Questa è una storia assurda dove ci sono stati errori da parte di tutti: dalla Dda agli amministratori giudiziari, all’azienda. Gli unici a pagare però siamo stati noi che non c’entriamo nulla con quanto accaduto, ma da venti anni lavoriamo, a testa bassa. Non siamo scesi ieri dopo la notizia che ci sarebbero stati pagati gli stipendi perché vogliamo certezze per il futuro. Una richiesta che facciamo all’azienda, ma anche alle autorità”. Fonte: Il Crotonese