Vibo. La realtà agghiacciante nella testimonianza di Andrea Mantella: protagonisti e retroscena

VIBO VALENTIA: LA REALTA’ DRAMMATICA NELLA TESTIMONIANZA DI ANDREA MANTELLA

Ma qual è la Vibo Valentia vera?! Quella edulcorata che la politica ci ha offerta in 30 giorni di campagna elettorale stanca, ripetitiva e moscia? Oppure quella drammatica che riesce fuori dalla deposizione del pentito Andrea Mantella  nel processo Maestrale?

VIBO, LA MASSOMAFIA SECONDO MANTELLA (https://www.iacchite.blog/vibo-la-massomafia-secondo-il-pentito-mantella-tra-licio-gelli-laudonio-e-coperture-inconfessabili/)

Una campagna elettorale dove il tema della legalità, degli intrecci mafia-politica, della permeabilità dei partiti e delle istituzioni è stata messa da parte. Persino una associazione prestigiosa come  Libera non ne ha parlato preferendo far discutere i candidati solo su appelli generici su trasparenza e sul non gradimento del voto mafioso. I temi affrontati nella campagna elettorale sono stati gli stessi di una ipotetica campagna elettorale su Marte o meglio ancora sul pianeta Papalla. Abbiamo vissuto uno strano  effetto di straniamento dalla realtà drammatica di Vibo Valentia. Tutti, nessuno escluso, ad iniziare dal fronte progressista che ha vinto le elezioni, ci hanno raccontato un’altra realtà. Una realtà ipotetica basata sul confronto tra idee e programmi diversi, una dialettica democratica tra forze di ispirazione diversa ma tutte nel solco democratico e civile. Un confronto in cui il candidato escluso dal ballottaggio dà indicazioni di voto per il candidato progressista, che accetta il sostegno e a vittoria conseguita ringrazia il concorrente con parole di stima e con tanto di baci e abbracci calorosi.  

Poi riprende il processo Maestrale e  le parole e le accuse di Andrea Mantella fanno risvegliare dal bel sonno e fanno riemergere la realtà drammatica  della città di Vibo Valentia. I giornali non possono che riportare la notizia e si torna a parlare dei rapporti ’ndrangheta-colletti bianchi, di massomafia. Leggiamo sul Quotidiano del Sud  che il pentito rispondendo alle domande  del pm della Dda, Antonio De Bernardo, si è focalizzato in particolare sull’Asp di Vibo e, per quanto riferitogli da Salvatore Tulosai e Paolino Lo Bianco, ha raccontato che “quest’ultimo si avvaleva di professionisti quali Michele Soriano, Michele Comito, Franco Zappia, Fabio Lavorato e Miceli”.  Mantella afferma che nell’ospedale di Vibo Valentia, sempre in base a quello che gli avrebbero detto Lo Bianco e Tulosai, Pantaleone Mancuso “si appoggiava al primario di chirurgia Miceli (deceduto, ndr)  e al cardiologo Michele Comito, quest’ultimo legato a Daffinà. Miceli si mise a disposizione in occasione del mio finto ricovero in ospedale per farmi evitare il carcere, mentre da Comito non ho personalmente mai ricevuto alcun favore, mentre Carmelo Lo Bianco sì perché lui si metteva a disposizione quando occorreva”.  Quindi Mantella  ha ribadito le accuse già fatte negli interrogatori precedenti quando ha asserito che l’ospedale di Vibo Valentia era a disposizione della ‘ndrangheta. Abbiamo più volte scritto nei nostri articoli della permeabilità delll’ospedale e della sanità vibonese. A riprendere tutto ne uscirebbe fuori un’enciclopedia Treccani. Vi invitiamo a leggere solo uno dei nostri interventi a proposito

LE GRAVI COLPE DI MANGIALAVORI E COMITO: A QUANDO LO SCIOGLIMENTO DEL COMUNE? (https://www.iacchite.blog/vibo-sanita-mafiosa-ultimo-atto-le-gravi-colpe-di-mangialavori-e-comito-a-quando-lo-scioglimento-del-comune/)

Vogliamo solo ricordare come già nel processo Rinascita Scott depone, a fine maggio del 2021, il pentito Andrea Mantella che afferma: “…in ospedale a Vibo quasi tutti i dottori erano funzionali al clan Lo Bianco ed in particolare erano a disposizione il cardiologo Comito (non indagato), l’ortopedico Michele Soriano (non indagato) e il dottore Zappia (non indagato)”. Sempre Mantella affermava che l’unico primario non disponibile era il Dott. Domenico Console. Certamente la testimonianza di un pentito non è oro colato e va sempre verificata. Ma qui non c’entra l’aspetto giudiziario che non c’è e non ci interessa, visto che nessuno dei nomi che stiamo facendo è stato mai indagato o inquisito.

Si dice sempre che la politica non deve seguire o farsi dettare l’agenda dalla magistratura. Ma la politica ha l’obbligo di verificare l’opportunità e l’eticità di alcune scelte e candidature. Sta di fatto che queste accuse, invece di portare ad una riflessione seria i singoli partiti, vedono alla fine Domenico Console emarginato da tutti gli schieramenti che si tira fuori dalla partita amministrativa, Michele Soriano vede promosso suo figlio Stefano Soriano a capolista del Pd (naturalmente i comportamenti dei padri non ricadono sui figli)  e Michele Comito riuscire ad imporre Nicola Cosentino a candidato del centrodestra. E Michele Comito, capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, impone Nicola Cosentino con la collaborazione di Tonino Daffinà, uomo di fiducia di Roberto Occhiuto. Sempre il pentito Andrea Mantella nell’interrogatorio dell’altro ieri nel processo Maestrale definisce Tonino Daffinà come il Lico Gelli vibonese.

Mantella: “Stando sempre a quanto mi hanno riferito Paolino Lo Bianco e Salvatore Tulosai  il Licio Gelli vibonese è stato sempre Antonino Daffinà, il regista di tutto il potere occulto. A Vibo Valentia è una sorta di P2. Ed è Tonino Daffinà che governa tutto questo potere di colletti bianchi”. Carta canta… 

Ma la parte più agghiacciante della testimonianza di Mantella è quella riguardante la morte di Federica Monteleone, una ragazza morta il 26 gennaio 2007 dopo un’operazione di appendicectomia all’ospedale di Vibo. Mantella ci racconta come si mise in moto un sistema per affossare la vicenda e non perseguire i responsabili.

Secondo  Mantella il dirigente  Luciano e Cesare Pasqua, leggiamo sempre sul Quotidiano del Sud “si attivarono per far fare delle consulenze che escludessero responsabilità dei dottori e della ditta che aveva eseguito l’impianto elettrico in modo tale da non far risultare la presenza del cortocircuito. E questo me lo riferì Paolino Lo Bianco che lavorava in ospedale e sapeva tutto. Pasqua e Luciano, tra l’altro “fratelli” di loggia massonica, erano consapevoli che questa azione di insabbiamento era stata chiesta dal clan Mancuso. Si erano attivate e, per quanto ho contezza, hanno salvato il salvabile”. Agghiacciante!

Ma  ritorniamo ad oggi. Sappiamo che alle ultime elezioni amministrative c’era un terzo candidato, l’avvocato Francesco Muzzopappa, salito alla ribalta nazionale grazie a Diego Bianchi, alias Zoro, che nel suo servizio da Vibo Valentia per Propaganda Live su La7 (unico a livello nazionale ad accendere i riflettori su questa realtà) scoprì per caso questo  agguerrito terzo candidato grazie alle parole di una candidata del polo progressista che sottolineò la possibilità reale di ritrovarsi come sindaco di Vibo Valentia l’avvocato  dei  Mancuso. Muzzopappa a Diego Bianchi rispose che si vede che è apprezzato come professionista e che lui conosce bene diritti e limiti della sua professione. Quello che lDiego Bianchi non sapeva è che il cosiddetto terzo polo nasce dalla volontà di Vito Pitaro, ex consigliere regionale, ex tutto, dopo la rottura con la sindaca Maria Limardo.  Andrea Mantella, sempre nella testimonianza  dell’altro ieri, ha definito Vito Pitaro «un massone politico», un uomo appartenente a «una loggia particolare, occulta”. Nturalmente Pitaro non è mai stato indagato o processato come tutti quelli che abbiamo citato. In ogni caso Andrea Mantella si è detto pronto a mettersi a disposizione dei magistrati per “approfondimenti”.

Noi ci siamo limitati a parlare dei soggetti tirati in ballo nel suo interrogatorio da Andrea Mantella. Siamo al primo interrogatorio di ben dieci previsti. Per cui avremo modo di parlare crediamo di tutti gli altri personaggi pubblici usciti più volte nelle varie inchiesta, ad iniziare dall’onorevole Mangialavori e così via.

Enzo Romeo ha vinto le elezioni amministrative. Grande è l’entusiasmo tra i suoi sostenitori. L’opinione pubblica è speranzosa di cambiamenti radicali e di novità importanti. L’ abbraccio con la gente comune è stato un buon segnale, l’abbraccio con Francesco Muzzopappa molto di meno. Non perché c’è qualcosa di morale verso di lui ma per il segnale politico ambiguo che può nascere e diffondersi. Romeo ha assicurato che nella sua giunta non ci saranno esponenti del terzo polo. E ci mancava altro. Se Enzo  Romeo vuole dare veramente il segnale di una svolta storica gli consigliamo innanzitutto di intitolare l’aula del consiglio comunale a Federica e nella prima seduta invitare  i genitori e chiedere  pubblicamente scusa per  le omertà e i depistaggi messi in atto. La cittadinanza di Vibo Valentia si aspetta trasparenza, comportamenti lineari, scelte coraggiose e innovative. Il primo atto di Romeo è stata la firma contro l’autonomia differenziata,  il secondo atto dovrebbe essere la nomina di una giunta fatta di persone per bene, di donne, giovani, professionisti senza alcuna ombra e senza legami discutibili.