di Fabio Anselmo, avvocato
Il rave era finito.
I ragazzi stavano andando via e la risposta dello Stato è stata il manganello.
Nessuna resistenza in corso.
Solo persone che si allontanavano, di ogni età, senza minaccia.
Eppure sono stati pestati.
Il ministro Piantedosi giustifica così: ci sono stati scontri, ci sono 11 poliziotti feriti, quindi si “decidono ulteriori misure per garantire l’incolumità degli agenti”.
Ma quali misure?
Se la festa è finita, se le persone stanno andando a casa,
di quale sicurezza stiamo parlando?
Il resto, se quanto dichiarato è vero, deve continuare in un’aula di tribunale, non in un manganello contro gli zigomi.
Le cariche sono giustificate nel momento in cui c’è un reale pericolo che non nego possa esserci stato. Non a posteriori.
Non può esistere vendetta nella forze dell’ordine, non è la legge del taglione.
Non è la Diaz.
È questo il risultato della cultura di governo, quella che trova legittimazione nel Decreto Sicurezza, dove la prevenzione è solo una scusa per la repressione.
Il nemico pubblico numero uno, per il governo, sono ragazzi che tornano a casa da un rave.
E mentre si dice che “le carceri sono piene” e si scarica la colpa sui magistrati,
la soluzione diventa comoda e brutale: meno arresti, più manganelli.
Così si giustifica l’aggressione a chi è inerme, a chi non sta facendo nulla, a chi viene colpito senza nemmeno essere fermato o identificato.
Guardano e picchiano. Questo è.
E mentre il governo esulta per aver “risolto” il problema di un rave,
ha un Ministro accusato di falso in bilancio per milioni di euro che rimane in carica.
Chi sarà il prossimo?