Aemilia, il confronto tra Dda e procura di Reggio: la ricerca della ‘ndrangheta

Appena qualche mese fa il sito emiliano Reggionline, collegato alla televisione TeleReggio, ha pubblicato una importante inchiesta, che è un approfondimento sui rapporti tra politica e criminalità organizzata. E’ stata ricostruita capitolo dopo capitolo una storia quasi ventennale, con l’ausilio dei risultati delle indagini e dalle sentenze, e proponendo atti giudiziari noti ma ormai dimenticati e documenti ancora inediti. Il tutto serve anche per inquadrare la realtà calabrese e l’attività per certi versi discutibile della Dda di Catanzaro. 

di Gabriele Franzini

Fonte: Reggionline

Politica e cosche: l’indagine sull’Area Nord

Nel 2010 una comunicazione dei carabinieri sulla vendita di un terreno di proprietà comunale nei pressi del vecchio casello dell’A1 spinse la Procura ad aprire un fascicolo, archiviato un anno dopo per l’infondatezza della notizia di reato. Raccontiamo la storia in una nuova puntata del nostro approfondimento su politica e criminalità

REGGIO EMILIA – Prove ignorate, spunti investigativi trascurati, indagini non fatte: nelle polemiche delle settimane scorse, sono state queste le accuse mosse ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia da alcuni partiti di centrodestra e dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Reggio. Ma quale fondamento hanno queste affermazioni? TG Reggio, sulla base di documenti della Procura di Reggio e della Dda di Bologna, è in grado di dare una risposta a questa domanda. Lo faremo nelle prossime puntate del nostro approfondimento su politica e criminalità organizzata.

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L’accusa ai magistrati della Dda di non avere indagato sui rapporti tra esponenti del centrosinistra e uomini delle cosche verte essenzialmente sul rilievo da attribuire a due note dell’Aisi, i Servizi di sicurezza interni, trasmesse ai Carabinieri di Reggio nel settembre 2012 e nel gennaio 2013. In quelle note, i Servizi ipotizzavano favoritismi da parte di Maria Sergio, dirigente dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Reggio, nei confronti di alcuni soggetti, che sarebbero stati informati in anticipo sul cambio di destinazione d’uso di aree agricole. Il maggiore Vittorio Boccia, comandante del Reparto operativo dei Carabinieri, redasse due informative: una per la Dda di Bologna e una per il Procuratore capo di Reggio Giorgio Grandinetti. Boccia vi aggiunse anche riferimenti alla vendita a Coop Nordest di un terreno di proprietà comunale nei pressi del vecchio casello dell’A1, avvenuta alcuni anni prima. Un’operazione a suo giudizio irregolare.

Quelle informative rimasero chiuse in un cassetto oppure qualcuno ne verificò i contenuti? Proviamo a rispondere basandoci sui documenti e partendo proprio dalla cosiddetta Area Nord, anche se in questa vicenda la ‘ndrangheta non viene neppure evocata. Il maggiore Boccia si era mosso già tre anni prima, il 16 aprile 2010, consegnando una comunicazione di reato sulla vicenda a Isabella Chiesi, procuratore facente funzioni. L’atto conteneva accuse nei confronti di Maria Sergio, del marito Luca Vecchi (all’epoca capogruppo del Pd in Sala del Tricolore), in quanto membro del collegio sindacale di Immobiliare Nordest, e dell’assessore all’Urbanistica Ugo Ferrari. Il 9 agosto 2010 Boccia trasmise alla Chiesi una seconda comunicazione di reato sull’operazione. Su quella base, la Procura aprì un procedimento per l’ipotesi di reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, indagando Vecchi, Maria Sergio e Ugo Ferrari. Questo fascicolo, di cui probabilmente gli stessi indagati non hanno mai saputo nulla, fu archiviato un anno dopo, il 26 luglio 2011, come risulta da questa nota del Ros dei Carabinieri di Bologna. La notizia di reato era infondata. Nella prossima puntata vedremo quali accertamenti furono invece compiuti dalla Procura di Reggio e dalla Dda di Bologna sulle altre ipotesi di reato contenute nelle informative dei Servizi di sicurezza. 

AEMILIA, IL CONFRONTO TRA DDA E PROCURA DI REGGIO Politica e cosche: Aemilia, il confronto tra Dda e procura di Reggio

Nel 2013 un’informativa dei carabinieri ipotizzava reati a carico di Maria Sergio e del marito, Luca Vecchi, circa la vendita di un terreno comunale. Accuse analoghe vi erano in relazione alla vendita di altri due terreni di proprietà privata, con possibili collusioni con la criminalità

REGGIO EMILIA – Richieste alla Procura di aggiornamenti sull’esito delle indagini, istanze per prelevare copia degli atti, solleciti, nuove consultazioni alla ricerca di prove: l’atteggiamento della Dda di Bologna rispetto all’informativa su Maria Sergio, trasmessa il 6 febbraio 2013 dal procuratore capo Giorgio Grandinetti, per come risulta dalle carte appare assai lontano da quello volutamente descritto da taluni nelle polemiche delle settimane scorse.

Il comandante del reparto operativo dei carabinieri, Vittorio Boccia, ipotizzava connessioni tra l’indagine Aemilia, in corso da due anni, e una vecchia inchiesta della Procura di Reggio, l’indagine Brick, puntando il dito in particolare contro Maria Sergio che pure in quella indagine non era mai stata coinvolta. Il maggiore Boccia denunciava anche illeciti da parte della dirigente comunale nella vendita di terreni in largo Blasetti e in via Tassoni.

Dapprima Marco Mescolini, titolare dell’indagine Aemilia, rispose a Grandinetti che tra le due indagini non c’erano punti di contatto: diverse le persone, diverse le vicende sotto la lente. E comunque nei fatti su cui stava indagando Reggio mancava l’elemento mafioso, tant’è vero che l’inchiesta era cominciata nel 2006 proprio in seguito alla trasmissione di atti dalla Dda di Bologna alla Procura di Reggio per competenza territoriale. Mescolini chiese comunque di essere tenuto aggiornato. Così il procuratore capo di Reggio aprì un procedimento nei confronti di ignoti e l’8 aprile 2013 mandò i carabinieri in Municipio per acquisire la documentazione relativa alla vendita dei terreni di largo Blasetti e di via Tassoni.

Ma all’inizio del 2016 due fatti cambiarono lo scenario. Il 23 gennaio il Carlino pubblicò la notizia che Vecchi e la moglie, nel 2012, avevano comprato casa da un imprenditore edile, Francesco Macrì, che tre anni dopo era stato coinvolto nell’indagine Aemilia. E il 2 febbraio lo stesso giornale ricevette e pubblicò la lettera di minacce al sindaco di Reggio scritta dal carcere da Pasquale Brescia, detenuto con l’accusa di associazione mafiosa. Al tribunale di Reggio il processo Aemilia stava per cominciare: tutto doveva essere riesaminato. Cominciarono alcuni mesi di continue pressioni della Dda sulla Procura di Reggio. Lo racconteremo nella prossima puntata.

LE CARTE DELL’INCHIESTA BRICK E LA RICERCA DELLA ‘NDRANGHETA Le carte dell’inchiesta Brick e la ricerca della ‘Ndrangheta

All’inizio del 2016 la Dda di Bologna decise di rileggersi tutti gli atti dell’indagine della Procura di Reggio. Secondo i Servizi di sicurezza, lì si trovavano le prove di collusioni tra amministratori locali e criminalità organizzata. Ma non era così e un anno dopo l’indagine fu archiviata

REGGIO EMILIA – Dopo la lettera di minacce al sindaco Vecchi scritta dal carcere da Pasquale Brescia e pubblicata dal Carlino, la Dda di Bologna decise di rileggersi tutte le carte dell’inchiesta Brick della Procura di Reggio: quelle carte in cui, secondo i Servizi di sicurezza, si trovavano le prove di contatti tra amministratori locali e criminalità organizzata.

La sequenza dei fatti è incalzante. Il 15 aprile 2016 la Dda chiede al procuratore capo Giorgio Grandinetti se le indagini della Procura di Reggio, iniziate dieci anni prima, hanno nel frattempo evidenziato rapporti tra gli indagati dell’indagine Brick e le persone arrestate o coinvolte nell’operazione Aemilia e chiede copia delle carte dell’inchiesta. La richiesta, precisa la Dda di Bologna, “riveste carattere d’urgenza anche in relazione alla prossima apertura del dibattimento” del processo Aemilia in Tribunale a Reggio.

Il giorno dopo Grandinetti risponde che l’indagine Brick è finita su un binario morto per mancanza di elementi concreti. Ma Marco Mescolini e Beatrice Ronchi, sostituti procuratori della Dda, ordinano comunque al Ros dei Carabineri di Bologna di consultare gli atti dell’indagine. La richiesta ai Carabinieri è perentoria: “Redigere con estrema urgenza nota di riscontro”.

Il 20 aprile il comandante del Ros, maggiore Goffredo Rossi, è in Procura a Reggio per fare una copia degli atti. Passano due giorni e il maggiore Rossi scrive perplesso a Mescolini e a Grandinetti. Il senso è: possibile che sia tutto qui? Forse manca qualcosa. Il procuratore di Reggio promette che farà cercare, ma i giorni passano e il 9 maggio 2016 il Ros dei Carabinieri non ha ancora saputo nulla. Letta la comunicazione, Mescolini scrive a mano sull’atto: “Si prega di richiedere nuovamente autorizzazione alla consultazione degli atti alla Procura della Repubblica di Reggio”. Così il 23 maggio il maggiore Rossi torna in Procura a Reggio per consultare di nuovo i faldoni, ma gli atti che gli vengono sottoposti sono gli stessi del 20 aprile. E’ tutto lì, non c’è altro. L’epilogo è vicino. Il 7 aprile 2017, a 11 anni dall’apertura dell’indagine Brick, il sostituto procuratore Giacomo Forte chiede al Tribunale l’archiviazione del procedimento per prescrizione del reato. Dei tre indagati, nessuno era amministratore o dirigente del Comune di Reggio. Nel 2020 la stessa sorte tocca al procedimento contro ignoti aperto da Grandinetti nel 2013 sulla trasformazione urbanistica delle aree di via Tassoni e largo Blasetti: il 22 maggio il sostituto procuratore Iacopo Berardi chiede al Tribunale l’archiviazione.