Caro Carchidi,
noi siamo a Roma, ma stiamo vivendo ‘sta vicenda con il male dentro.
Me ne sono andato da Cosenza tanti anni fa per questioni di studio e lavoro, me ne sono andato perché la buonanima di papà non ha mai ricevuto favori, per onestà e senso del dovere.
E trovare un lavoro stabile avrebbe significato dover chiedere ai Gentile, arrassusia.
Ti ho sempre rispettato come giornalista, un po’ per il tono irrispettoso verso le istituzioni malate, un altro po’ per aver portato alla luce ‘certe’ magagne e vergognosi atti intollerabili dei potentati massonici e mafiosi calabresi e soprattutto della mia, la nostra città.
Oggi ti rispetto anche come uomo, non che sia mancato in precedenza sia chiaro, ma la vicinanza alle persone, nei momenti deprecabili, è moralmente obbligatoria.
Sono figlio di un uomo per bene, classe 1929, che a causa di una mina fascista ha perso un occhio da bambino fino a renderlo completamente cieco nel 1984 a causa delle schegge che insistevano nell’altro occhio. Non posso, non possiamo non schierarci dalla tua parte.
Pierluigi Canino