Cosenza 2016, Presta più realista del re

Lucio Presta ha toccato con mano quanto sia difficile la realtà cosentina. Non quella dei media, che magari fossero tutti accomodanti come i cronisti locali, ma quella della politica. Una feccia che peggio non ce n’è. 

La conferenza stampa di stamattina, come messaggio principale, restituisce l’immagine di un candidato sindaco che sapeva a cosa sarebbe andato incontro ma comunque ritiene di avere i mezzi per uscirne. D’altra parte, se non ci credesse nemmeno lui, starebbe fresco.

“Nessuno mi ha dato ultimatum” tuona il manager rivendicando la sua autonomia su quelle cinque liste che hanno un po’ alzato la voce per rimproverargli troppo immobilismo.

Ma è chiaro che il nodo cruciale di tutta la campagna elettorale di Presta sia legato al rapporto col PD e al nodo delle liste. Perché dovrebbero essere proprio le liste (o la lista?) del PD a trascinare la baracca. E finora si sono sentite solo chiacchiere.

Presta ha ribadito che le liste devono essere ispirate all’etica, alla logica, alla trasparenza e al rinnovamento. Ma, almeno così ha detto, non ha ancora idea di chi saranno i campioni di preferenze che il PD sacrificherà alla sua corsa verso Cosenza 2016.

A chi gli chiedeva come mai nessuno degli alleati si espone con iniziative pubbliche e i motivi del mancato coordinamento delle strategie di comunicazione, Presta ha risposto quasi seccato che non possono essere problemi suoi, lasciando trasparire un inevitabile nervosismo da “fuoco di fila”.

Esce fuori un Presta velenoso (finalmente!) quando parla dell’avversario Paolini. Il terreno è facile e la morale, non detta ma lasciata ampiamente intuire è semplice: la volpe che non arriva all’uva dice che è acerba. E se il PD è infetto, che cosa dovremmo dire di Gentile?

Ovviamente Lucio non si sbilancia in questi termini, dice e non dice, ammicca e rifiuta categoricamente di irridere l’avversario chiamandolo Cinghiale. Non gli piacciono i soprannomi, che in politica sono (quasi) tutto. Ma va bene lo stesso.

Su Mario Occhiuto il compito è ancora più facile perché quando qualcuno gli ricorda che a Cosenza non c’è voto di opinione, il manager cita il cazzaro, fautore al contrario di questo assurdo concetto del “voto popolare”. E serve l’assist a chi associa i suoi candidati alle sue determine. Le famose “determine popolari” di Mario Occhiuto. 

Vorrebbe parlare del programma ma non interessa a nessuno. In questa campagna elettorale, ancora bella e sospesa, non è questo il momento dei programmi.