Fratelli d’Italia? Una “Rifondazione fascista” travestita da partito democratico

(DI TOMASO MONTANARI – ilfattoquotidiano.it) – Ma cosa ci vuole ancora per capire che Fratelli d’Italia è una ‘Rifondazione fascista’ travestita da partito democratico (con le minuscole)? Se il camouflage ha finora più o meno retto, è solo grazie all’inconsapevolezza culturale e al servile conformismo della gran parte della stampa italiana (prima che lo dicesse il cancelliere tedesco, nella tv italiana faceva scandalo anche solo definirli ‘di estrema destra’), e all’abile cinismo con cui Giorgia Meloni ha aderito alla politica economica più ortodossa (una Draghi in gonnella) e all’atlantismo bombarolo più acritico. Ma basta un’inchiesta giornalistica degna di questo nome, come quella di Fanpage, per mostrare che, dietro una sommaria mano di bianco, c’è il nero di sempre.

Prendiamo il tabu numero uno: l’antisemitismo. Dopo aver risposto all’emersione delle chat Fdi con insulti agli ebrei (poco dopo quella delle chat del portavoce di Lollobrigida, Signorelli jr, in cui si dava a Gad Lerner del ‘porco’, in un contesto ferocemente antisemita) con due patetiche dimissioni di quarta o quinta fila, Giorgia Meloni ha assicurato: “I sentimenti antisemiti sono incompatibili con Fdi”. A stretto giro le ha risposto il ‘barone nero’ Roberto Jonghi Lavarini: “Quanta ipocrisia! Fossero coerenti dovrebbero espellere la metà dei giovani e un terzo degli iscritti a questo punto. Fatelo, ma poi togliete la fiamma e vedrete i consensi scendere al 16 per cento”. Chi ha ragione? Ebbene, la risposta sta in un’analisi onesta e informata della ‘cultura’ della classe dirigente di Fratelli d’Italia, e della stessa Giorgia Meloni. Facciamo qualche esempio, tra i moltissimi possibili.

Il 29 dicembre scorso, il deputato Fdi Tommaso Foti (non proprio l’ultimo venuto: è il capogruppo alla Camera del partito di maggioranza relativa!) ha detto in Parlamento: “Il domani appartiene a noi”. È il titolo della versione italiana della canzone che, nel musical Cabaret, viene cantata da una nazista (il che sarebbe sufficiente…), e che, nella versione italiana della Compagnia dell’anello, diventa una sorta di inno del Fronte della Gioventù. Uno dei versi di questa canzone (“se uniti noi marcerem / l’usura e il pugno noi vincerem”) identifica, con trasparenti riferimenti simbolici, i due nemici storici del fascismo: gli ebrei e i comunisti. Chi può credere che “i sentimenti antisemiti sono incompatibili con Fdi” (Meloni) se proprio quei sentimenti sono esplicitamente iscritti in un inno declamato in Parlamento da un suo deputato di punta?

Ancora. Quando, nel 2012, scompare Pino Rauti, Giorgia Meloni scrive che con lui: “scompare un punto di rifermento assoluto per la destra italiana. Con il suo esempio ha dimostrato che la politica è prima di tutto cultura, un patrimonio di idee aperto al confronto dialettico e intellettuale”. Fedele a questa linea, oggi Meloni accoglie la figlia Isabella Rauti come sottosegretaria di Crosetto alla Difesa. Ebbene, quando (nel 1995, a Fiuggi) il deputato di An Enzo Palmesano presentò il suo famoso emendamento in cui il partito finalmente condannava le leggi razziali, Rauti (alla cui corrente pure apparteneva) lo attaccò, definendo quell’emendamento “una carognata”. In una intervista del 2023, Palmesano ha detto che “l’MSI non ha mai fatto i conti con l’antisemitismo, né li ha fatti AN. … La destra, anche oggi, è rimasta in quel tunnel. Se ascolta le parole pronunciate oggi, si rende benissimo conto che anche gli attuali dirigenti non si sono mai staccati da quel passato … sono inchiodati all’avversione per gli ebrei”. Del resto, la filosofia di Julius Evola, a cui Rauti si ispirava, aveva sostituito al razzismo biologico del ventennio un ‘razzismo spiritualista’, per cui “gli aggettivi ‘semita’ e ‘cristiano’ definiscono un’unica categoria che ha come caratteristiche comuni mercantilismo, debolezza, femminilità, pietà religiosa, vigliaccheria” (M. T. Pichetto, L’antisemitismo nella cultura della destra radicale). Nello Schema costituzionale per uno Stato dell’Ordine Nuovo di Rauti si legge, tra l’altro, “in una concezione del mondo veduto come ordine, le differenze razziali hanno una rilevanza positiva. La forma interna della nostra cultura, dall’antichità greco-romana al medioevo germanico è in connessione diretta con la razza ariana”. Eccolo, il punto di riferimento assoluto.

Ma anche dal razzismo biologico le distanze non sono mai state prese. Giorgia Meloni e il suo partito inondano il Paese di strade e piazze intitolate al celebratissimo Giorgio Almirante, il quale ha scritto (tra l’altro) che “il razzismo nostro è quello del sangue”; e che “in fatto di razzismo e di antigiudaismo gli italiani non hanno avuto né avranno bisogno di andare a scuola da chicchessia”.

Quanto è, dunque, credibile la presidente del Consiglio quando ha la faccia di bronzo di dichiarare che sentimenti antisemiti sarebbero incompatibili con un partito che tuttora venera, celebra come eroi civili e riconosce come padri e maestri, pensatori violentemente, oscenamente, antisemiti?