Gratteri e il superclan dei calabresi: Grande Aracri “ripudiato” per salvare Delrio e gli Occhiuto intoccabili

Sono ormai più di 30 anni che in Italia e non solo in Calabria si indaga sul superclan dei calabresi, come lo definisce Giorgio Barbacetto ovvero su quella cupola massomafiosa o se preferite comitato d’affari politico-affaristico che da più di tre decenni ormai gestisce gli appalti in Calabria e pilota i finanziamenti dello Stato e dell’Unione europea. Nella depurazione delle acque, negli aiuti alle aziende, nell’informatica, nella sanità…

Una storia che ci ammorba ufficialmente dall’inizio degli anni Novanta quando il magistrato Agostino Cordova per primo aveva combattuto la massomafia calabrese passando poi il testimone a Salvatore Boemi e a Luigi De Magistris prima di arrivare a Gratteri.

Gli ingredienti (i soliti) sono i soldi, la politica, il potere. Ma declinati in modo inedito: borsoni di denaro nascosto sotto le camicie, una banca compiacente di Milano, importanti politici di Roma, grossi finanziamenti da Bruxelles, appalti truccati, una girandola di società, ripetute fughe di notizie, magistrati infedeli, alti ufficiali della Guardia di finanza ma anche di carabinieri e polizia, odore costante di servizi segreti, grembiulini massonici e tante, tante telefonate (intercettate).

Stavolta però Gratteri era il capo di se stesso ma evidentemente qualcosa non funziona come dovrebbe perché alle elezioni regionali il voto non è minimamente condizionato dalla retata: vincerà Forza Italia e dopo la morte di Jole Santelli vincerà ancora Forza Italia, che in teoria dovrebbe essere il partito più penalizzato dall’inchiesta di Gratteri. Insomma, la testa del serpente non è stata staccata proprio per niente. E il superclan dei calabresi continua imperterrito a vincere e a riciclare denaro. 

Quanto a Gratteri, non si può non rilevare come nei suoi sette anni di “regno” a Catanzaro tutto sia stato “doppio”. Come in una novella Twin Peaks.

PRIMA PARTE: GRATTERI A TWIN PEAKS E IL SUPERCLAN DEI CALABRESI (https://www.iacchite.blog/gratteri-a-twin-peaks-col-superclan-dei-calabresi-tutto-e-doppio-in-questa-storia/)

Nella prima parte abbiamo scandagliato le inchieste su Vibo e Catanzaro ma soprattutto tutti i “malacarne” che l’hanno fatto franca. Ora ci spostiamo a Crotone.

CROTONE: DEL RIO E NICOLINO GRANDE ARACRI 

Che il destino dell’Europa fosse diventare Napoli è scritto profeticamente in quel capolavoro assoluto che è “La Pelle”. Che il destino dell’Emilia-Romagna è diventare la Calabria lo hanno scritto varie procure. Ed in particolare quello di Reggio Emilia è stato di diventare… Cutro. Se l’autore de La Pelle è quel genio di Curzio Malaparte, l’autore di questa trasformazione è quel devoto di Graziano Delrio. Trasformazione avvenuta con dialoghi e partecipazioni molto dibattute che però trovano nuovo interesse visto il tentativo di pentimento del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri.

Ci arriviamo: Delrio è conosciuto in tutta Italia per il duplice ruolo prima di Ministro degli Affari Regionali con Letta e poi dei Trasporti prima con Renzi e poi con Gentiloni. Prima però è stato un ragazzino figlio di un comunista, ma cresciuto in parrocchia: questa definizione racchiude la sua carriera. Inizia viaggiando verso gli Usa per studiare medicina, ma poi saranno i suoi viaggi in Calabria a portargli più fortuna dicono in quel di Reggio Emilia. Evidentemente ha scelto la parrocchia “giusta”.

Ma alla sua devozione ci arriviamo. Si diceva di Reggio Emilia, città che ha amministrato per ben due volte (primo sindaco non comunista della cittadina) a partire dal 2004 con coalizioni che andavano dalla Margherita al Pci. Le sue amministrazioni – va detto – sono riconosciute e ricordate per essere buone amministrazioni attente al sociale, alla riqualificazione verde, al welfare e ai diritti di tutti. Soprattutto però ci tenne all’integrazione dei calabresi originari di Cutro al punto da dedicare una strada a Reggio Emilia alla cittadina calabrese.

Sulla via di Cutro Delrio trova la sua devozione. Partecipa infatti con una folta delegazione alla processione della cittadina. E le processioni qui in Calabria sono importanti tanto per i devoti, quanto per gli affiliati. E se Delrio non lo sapeva certo lo sapevano il politico di origine calabrese Andrea Olivo, consigliere comunale sotto le amministrazioni Delrio, eletto nel 2009 – stando alla stampa locale – con 226 preferenze, buona parte delle quali espresse dai suoi conterranei.

Nel 2012 Olivo confessa alla Gazzetta di Reggio di volersi organizzare per aiutare «l’amico paesano Sarcone (Gianluigi, ndr)», imprenditore destinatario di interdittiva antimafia e fratello di quel Nicolino, considerato il referente numero uno dei Grande Aracri a Reggio Emilia La Casa della legalità fa un conto interessante. Nel 2009 dopo questo viaggio e il gemellaggio con Cutro, si vota contemporaneamente alle comunali, nelle quali Delrio trionfa e alle provinciali dove il Ps pure vince ma con cinquemila voti in meno. Stesso territorio, stesso momento. La candidata Ps però si rifiutò di scendere a Cutro. Chissà quanti sono gli amici del boss Nicolino Grande Aracri che votano a Reggio Emilia…

Delrio comunque giura di non essere andato lì a fare campagna elettorale, era solo un impegno istituzionale. Tutt’al più religioso: Delrio è un de-voto affezionato. Così come giurava di non sapere di dove fosse originaria Maria Sergio (altra cutrese importante) nonostante il 28 dicembre 2009 un atto firmato di proprio pugno da Delrio conferisce un incarico “fiduciario” alla Sergio: la direzione del Servizio pianificazione e qualità urbana. Lo stesso giorno, con un altro atto, le conferisce anche la direzione ad interim del Servizio edilizia. Pochi mesi dopo, infine, un altro incarico “di natura fiduciaria” firmato per lei da Delrio, sempre in materia di urbanistica e compatibilità paesaggistica. Così come nel precedente mandato era stata incaricata dirigente dell’Urbanistica. Atti dove chiaramente c’è scritto nata a Cutro.

La Sergio ha tutti incarichi in settori potenzialmente delicati ancor di più se si pensa che ad esempio la società incaricata di un intervento urbanistico Sorgente srl appartiene ad alcuni parenti della Sergio per il 25%. Dal voto di questo intervento si dovette astenere il marito della Sergi, all’epoca consigliere comunale PD Luca Vecchi, attuale sindaco. Delrio comunque chiamato a rispondere dai giudici su queste vicende tra il 2012 (nell’ambito della maxinchiesta Aemilia) e il 2013 ha sempre detto di non sapere nulla. E i credenti le bugie non le dicono. Insomma, pare che a Reggio Emilia tutti sappiano per strada che il dialetto delle imprese che vincono gli appalti non ha z ed s dolci, ma f e c calcate. Tutti sanno a quali uffici bisogna rivolgersi. Ma Delrio no, lui non lo sa.

Fin qui nel 2012. Ora arriviamo ai giorni nostri ed aggiungiamo a sorpresa un capitoletto perché le cose che non sa Delrio, certamente le sa Nicolino Grande Aracri, il boss detto mano di gomma che da Cutro ha fondato un impero di cemento in Emilia-Romagna.

Chissà se aveva intenzione di dirle a Gratteri quando ha chiesto di diventare collaboratore di giustizia, pentito. Per Gratteri però il suo era solo un tentativo di salvare i suoi familiari: voleva mischiare le carte addossando tutto ad alcune famiglie e mentiva su fatti ormai acclarati. Questa la motivazione. Dichiarazioni mai acquisite e mai iniziate (fino a prova contraria) e quindi mai riscontrate. Sia chiaro: Reggio Emilia non è il solo comune che problemi di ‘ndrangheta, per altri la situazione è anche peggiore: https://www.iacchite.blog/ndrangheta-il-processo-aemilia-e-i-sindaci-collusi-i-casi-di-reggio-emilia-e-brescello/La differenza è che quel sindaco è poi diventato ministro e strettissimo collaboratore di Renzi, prima del loro allontanamento. E Renzi è stato molto vicino a Gratteri.

Catanzaro-Reggio Emilia, l’asse Gratteri-Delrio comincia a scottare: la relazione di Pennisi

C’è una relazione. C’è un’indagine ministeriale ancora secretata che parte da questa relazione. Tanto basta a disturbare il sonno di più di un intoccabile e tratteggiare la mistura maleodorante dal quale è emerso il potere renziano che ha disseminato guardiani e uomini ovunque. Poi c’è un mancato pentimento e un’inaugurazione. E a questo punto ad insozzarsi, purtroppo, rischia di essere anche Gratteri. La relazione riguarda alcuni “buchi” investigativi che ci sarebbero stati nell’indagine Aemilia. La maxinchiesta che ha disvelato il potere di Nicolino Grande Aracri in Emilia-Romagna.

I buchi di Aemilia e Delrio da indagare

L’inchiesta porta la firma dell’ex pm Roberto Pennisi. Pennisi, scrive, viene “applicato presso la Procura distrettuale della Repubblica di Bologna nel procedimento penale n.  20604/10 dal 14.11.2011 al 14.11.2013. Tale applicazione venne disposta e prorogata fino alla data citata per giorni tre alla settimana dall’allora Procuratore nazionale antimafia Dott.  Pietro Grasso su richiesta del Procuratore distrettuale dott.  Roberto Alfonso. (…)

Aveva notato come prima del suo arrivo, i fenomeni connessi alla criminalità mafiosa calabrese segnalati alla DDA dalla Polizia Giudiziaria venissero trattati in maniera parcellizzata, così che non potesse avere una visione di insieme”. 

Pennisi sottolinea che a suo parere c’è la necessità di avviare un’ulteriore indagine. C’è da approfondire su alcuni soggetti ed in particolare “i rapporti tra ‘ndrangheta e politica per il quale le indagini svolte già offrivano notevoli spunti nei confronti di soggetti che avevano gestito la cosa pubblica nell’ultimo decennio a Reggio Emilia ed in cui si inseriva la nota dei Servizi citata nella richiesta di informazioni della Procura Generale della Corte di Cassazione (…). Tale nota era contenuta in atti del gennaio 2013 provenienti dal Reparto Operativo del Comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Emilia e diretti alla DDA di Bologna”. 

E chi sono questi soggetti che si deducono dalla relazione e dalla nota dei carabinieri? Sicuramente i funzionari della amministrazione comunale di Reggio Emilia dei quali abbiamo scritto ovvero Sergio Maria, Ferrari Ugo. Ma ovviamente anche i sindaci dell’ultimo decennio, che sono Antonella Spaggiari e Graziano Delrio.

Come potevano non sapere? A maggior ragione se li ritroviamo tra i partecipanti alla processione a Cutro di cui pure abbiamo parlato https://www.iacchite.blog/reggio-emilia-provincia-di-cutro-delrio-la-processione-i-voti-gli-incarichi-e-quel-pentimento-evitato-da-gratteri/ L’epilogo di questa vicenda è che Pennisi non viene più applicato.

Emergono dissapori con gli inquirenti di Bologna (https://www.iacchite.blog/aemilia-il-confronto-tra-dda-e-procura-di-reggio-la-ricerca-della-ndrangheta/). La relazione rimane sotto silenzio fino a questi giorni.

L’inaugurazione

Fin qui Pennisi e l’Emilia. E i viaggi di Delrio in Calabria? In realtà quello della processione a Cutro non è l’unico viaggio calabrese di Delrio. L’ultimo risale al 2022 quando si inaugura la sede della nuova Procura tanto voluta da Gratteri. È lui stesso nel discorso a ringraziare Delrio (ormai ex tutto) in prima fila: “… mi dico che bisogna fare qualcosa e vado a trovare Delrio, all’epoca ministro…”. 

Alla luce di questa relazione e dell’ispezione segreta viene ancora da chiedersi: sarà il caso di rivalutare e riascoltare quello che potrebbe aver avuto da dire Nicolino Grande Aracri? Per Gratteri no. Lo stesso Gratteri proposto da Renzi ministro della giustizia. Lo stesso Gratteri che ha un’amicizia in comune con Renzi: lo 007 Mancini. Beh… permetteteci di avanzare legittimi dubbi.

Servizi segreti, banche con “stantio odore di massoneria”, indagini che colano e perfino ‘ndrangheta. Questo è il calderone dal quale è nato il potere renziano che ha distribuito uomini e pedine che ancora reggono in parte. Ma soprattutto interessi economici ed imprenditoriali che partono dalla Calabria ma si diramano nel resto dell’Italia e sui quali evidentemente si è approfondito poco. Ci sono forse da riscrivere gli ultimi anni di storia politica e… giudiziaria?

In ogni caso, anche qui i “doppi” si sprecano, a cominciare dalla clamorosa vicenda del pentimento anzi no del boss Nicolino Grande Aracri. Anche qui dalla Loggia Bianca alla Loggia Nera nel giro di pochi giorni. Tutto è doppio in questa storia.

COSENZA: MARIO OCCHIUTO, LUBERTO, FACCIOLLA, POTESTIO

A questo punto manca soltanto l’ultimo tassello o meglio l’ultimo soggetto che è riuscito clamorosamente a salvarsi da Gratteri e non c’è dubbio alcuno che il sindaco cazzaro uscente di Cosenza Mario Occhiuto fosse nel mirino, visto che su di lui la Dda di Catanzaro prima con il pm Bruni, poi con il pm Falvo e infine con l’ultimo “applicato” ha indagato per anni, ormai dalle elezioni comunali del 2011, sulle collusioni con la massomafia ma senza successo proprio per le coperture della Santelli, che puntava tutto sui suoi rapporti di complicità con il re dei magistrati corrotti di Calabria, l’orripilante Vincenzo Luberto.
Da maggio 2016 fino a qualche giorno prima del blitz del 19 dicembre 2019 Luberto per oltre tre anni e mezzo è stato il braccio destro di Gratteri, poi è stato improvvisamente ripudiato e sono uscite fuori le storie delle sue vacanze con Ferdinando Aiello e i connessi occultamenti delle intercettazioni che lo riguardavano. Una storia che si intreccia con quella della faida con il procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla e successivamente con il procuratore generale di Catanzaro Otello Lupacchini. Facciolla indagava sui renziani e quindi anche sul gruppo iGreco e Ferdinando Aiello.
Ma anche il magistrato cosentino, con il quale prima aveva collaborato, poi è stato messo nella lista dei cattivi, con tanto di coinvolgimento di Lupacchini che aveva provato a difenderlo. Luberto e Facciolla, prima amici e poi scaricati: un altro classico da doppio binario.
MARIO OCCHJUTO

E’ da tempo che il nome di Carmine Potestio, l’uomo di fiducia di Mario Occhiuto, oggi spregiudicato uomo d’affari nella sanità privata, speculando sfacciatamente sulla sigla ANMIC (Associazione nazionale mutilati e invalidi civili), gira nelle inchieste della magistratura.

La Guardia di Finanza voleva vederci chiaro da una vita. L’archiviazione della procura di Cosenza per l’inchiesta su Piazza Fera/Bilotti le Fiamme Gialle (questo ormai non è più un mistero) non l’aveva presa per niente bene. E gli inquirenti avevano trasmesso alla Dda di Catanzaro, che indagava da tempo sulla Tangentopoli cosentina, tutto il materiale raccolto. Si parla di un anno e mezzo di informative con consulenze tecniche e perizie. Un lavoro capillare che non poteva essere buttato al vento per i soliti accordi sottobanco tra potere politico e giudiziario. O almeno così pensavano i finanzieri, peraltro ancora più indispettiti dall’inchiesta di Luberto che aveva finito per puntare su Enza Bruno Bossio, Nicola Adamo e Mario Oliverio facendo passare quasi per vittima Occhiuto. E non a caso l’intervento dei finanzieri aveva portato al lungo sequestro (in parte ancora in corso) della piazza. Il relativo processo, tuttavia, è finito agevolmente a tarallucci e vino con l’annullamento di tutte le intercettazioni. E c’è chi dice che Gratteri non era per niente arrabbiato, anzi…

La procura di Cosenza è la regina indiscussa dei tanti porti delle nebbie dei quali si riempie il Belpaese. La Guardia di Finanza aveva consegnato alla Dda anche intercettazioni ambientali di estrema gravità. In una di queste il capo di gabinetto del sindaco Occhiuto, Carmine Potestio, il suo uomo più fidato, spiega a un esponente del clan Rango-zingari che il gruppo Barbieri, vincitore dell’appalto, è gradito all’amministrazione ma soprattutto al clan Lanzino-Patitucci. Il messaggio che arriva è di distensione proprio perché il clan è specializzato in estorsioni per favorire la latitanza di Ettore, all’epoca ancora “uccel di bosco” a… Rende con la complicità del famigerato carabiniere amico di Occhiuto.

Perché Potestio può garantire per il clan? La risposta è semplice. Il fratello di Carmine Potestio, al secolo Mario, è un faccendiere del sottobosco politico. A novembre 2013 finisce addirittura in manette nell’ambito dell’operazione Vulpes, condotta dai carabinieri di Cosenza e dal Ros. Mario Potestio è accusato di aver favorito la latitanza di Ettore Lanzino.

Mario Occhiuto e Carmine Potestio

Erano i soldi estorti agli imprenditori cosentini a finanziare la latitanza del boss e quindi le attività della sua cosca. Potestio viene arrestato insieme ad altri quattro esponenti del clan Lanzino. Che sono accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento seguito da incendio, detenzione e porto illegale di armi, favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena.

La posizione di Potestio viene considerata diversa da quella degli altri e dopo tre giorni viene scarcerato. Attenzione, però. Gli inquirenti avevano documentato, in almeno un`occasione, due giorni prima della cattura del boss, una visita di Mario Potestio al nascondiglio del capoclan fuggitivo, a Rende.

L’accusa è che il capo di gabinetto del sindaco di Cosenza, tramite il fratello, fosse una sorta di trait d’union tra Lanzino e il mondo esterno, anche e forse soprattutto quello politico. Il giudice dice di no ma le informative della Guardia di Finanza rivelano che è proprio Carmine Potestio a tranquillizzare il clan Rango-zingari. Quasi a voler dire che ci sono i “nostri” e che non è il caso di andare a chiedere tangenti. Consiglio che viene accettato.

Un particolare ha accelerato però i processi di collegamento dell’inchiesta di piazza Fera/Bilotti a quella sulla Tangentopoli cosentina. L’operazione Vulpes è stata coordinata dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Pierpaolo Bruni. Che è stato il deus ex machina di Cosenza corrotta. E aveva già da tempo legato i vari riscontri. Il lavoro di Bruni era stato essenziale in primis per l’arresto di Giorgio Barbieri, che è stato un po’ come la quadratura del cerchio, anche se hanno fatto di tutto per “salvarlo”, e che alla fine se l’è cavata a buon mercato.

Non bastano i pentiti? La Dda ha sentito anche Barbieri… E non c’è dubbio che l’ultimo sequestro di beni del 2019 nei confronti del reggente del clan Lanzino ovvero Francesco Patitucci e poi – a due anni di distanza – il suo arresto dopo una condanna all’ergastolo per il delitto di 35 anni fa di Luca Bruni, siano state altre tappe importanti nella marcia di avvicinamento alla verità sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Comune di Cosenza. Ma l’operazione Reset non ha toccato il Comune di Cosenza ma quello di… Rende. Anche qui deve averci messo lo zampino la Loggia Nera.

GRATTERI E OCCHIUTO: STORIA SEMISERIA DI UN SELFIE A PALAZZO SALFI

In molti ci chiedono come mai il procuratore Gratteri non mette un freno alla corruzione mafiosa dilagante a Cosenza. Anche il blitz del 1° settembre 2022, al di là del deciso intervento su Rende (che era più sputtanata della porta della chiesa madre sconsacrata…) ha lasciato tutto inalterato a Cosenza e soprattutto non ha “osato” toccare il potere degli Occhiuto e di Carmine Potestio. Noi non abbiamo risposte ma possiamo raccontare fatti e quello che abbiamo ormai spiegato più volte ai cosentini forse aiuta a capire come funziona la giustizia in Calabria… 

La notizia dell’Epifania 2018 era maturata nel corso della serata. Il tam tam era partito velocissimo sul web a partire dalle sette e mezza, forse anche le otto meno un quarto, quando sulla pagina FB del noto ristorante “Le Cucine di Palazzo Salfi”, ufficiosamente pignorato e da sempre nella disponibilità (ma forse sarebbe meglio definirle “grinfie”) del sindaco-cazzaro Mario Occhiuto, appare un selfie che ha dell’incredibile e che ritrae il prestanome del primo cittadino, cioè Renato Nuzzolo, insieme al procuratore della DDA di Catanzaro Nicola Gratteri.

A quei tempi quel ristorante, che adesso – finalmente – è stato venduto all’asta, era gestito da uno dei tirapiedi di Occhiuto, tale Renato Nuzzolo appunto, faccendiere operante nel settore della pubblicità (è il gestore guarda caso dell’agenzia pubblicitaria del parcheggio Bilotti, già attenzionato dalla DDA!) e successivamente “improvvisamente” imprenditore del settore gastronomico, perché è anche il gestore del lussuoso bed and breakfast del centro storico che sponsorizza Occhiuto e di altri locali in città. Per non parlare dei suoi interessi a Palazzo Compagna insieme al “marchese” Bilotti (e qui scivoliamo addirittura nell’arte e nella cultura!) “improvvisamente” andati in fumo il 18 agosto 2017. E infine – dulcis in fundo – secondo molte segnalazioni prestanome di Occhiuto anche per fake e profili falsi. Insomma, un soggetto perfetto per la banda del cazzaro.

La notizia che si materializzava in quella indimenticabile serata di inizio 2018, dunque, era clamorosa. Per il cenone-veglione dell’Epifania l’ospite d’onore era nientepopodimenoche il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, che, di norma, questi soggetti li dovrebbe perseguire e non certo andarci a cena per giunta in un locale pignorato, anche se – in quel periodo – “a nonna” come si dice a Cosenza.

Che Nuzzolo sia un prestanome di Occhiuto a Cosenza lo sanno anche le pietre e che questo locale sia stato gestito dalla sorella del cazzaro e poi pignorato lo sanno anche coloro che non masticano politica. Quindi c’è da domandarsi seriamente come mai un magistrato come Gratteri sia stato lì e come mai sia stato addirittura disponibile a farsi ritrarre con un personaggio del genere. Ma tant’è. Per non parlare del fatto che il nome di Mario Occhiuto compare molto spesso nei verbali dei pentiti nelle inchieste portate avanti proprio da lui sulla corruzione e sul voto di scambio a Cosenza.

Insomma, siamo veramente alla frutta. E a beneficio di Gratteri, gli ricordiamo cosa c’era dietro questo locale e la sua storia truffaldina. Che soltanto dopo anni e anni è stata interrotta e solo quando gli Occhiuto hanno definitivamente mollato l’osso avendo capito che non era più cosa.

LE CUCINE DI PALAZZO SALFI: LA STORIA DEL PIGNORAMENTO

Si può amministrare seriamente mentre si è inseguiti dai creditori? Il riferimento è all’allora sindaco Mario Occhiuto, che aveva dovuto fare i conti con chi in piena campagna elettorale gli metteva in piazza la sua disastrosa situazione finanziaria. Come si può governare quando altri sono i tuoi pensieri? Come si può lavorare all’interesse collettivo quando si è condizionabili da cose di questo tipo?

L’implacabile Enzo Paolini aveva tirato fuori una serie di cambiali protestate e le ipoteche ma il settimanale aveva documentato pignoramenti sullo stipendio che Occhiuto percepisce dal Comune. Grazie a una nota del Banco di Napoli, in particolare, il giornalista aveva scoperto che Occhiuto aveva subito un pignoramento monstre di 2milioni 194mila euro.

La procedura si riferiva a un pignoramento presso terzi da parte di Equitalia Sud, che lo ha notificato al Banco di Napoli. Da qui una ricognizione effettuata sui conti del sindaco per chiarire quali fossero le sue disponibilità in denaro.

L’atto non spiegava quale fosse il provvedimento da cui è scaturito il debito e ovviamente anche Occhiuto avrà pensato a tutelarsi nella maniera più opportuna.Poi, grazie a una provvidenziale visura camerale, siamo stati in grado di dimostrare che la vicenda era legata alla chiusura di Palazzo Salfi, fabbricato di interesse storico nel rione Paparelle della città vecchia, all’interno del quale c’è il mOa (Mario Occhiuto Architetture) ovvero lo studio di architettura del sindaco e anche un ristorante, “Le Cucine di Palazzo Salfi”, al quale il primo cittadino è stato sempre legato anche se non risultava nella proprietà, affidata alla sorella Giuliana.

Parliamo di situazioni che si trascinano e che hanno determinato la chiusura dello studio di architettura e del ristorante ormai da molto tempo. E che sono rimaste più o meno riservate perché nessuno si è premurato di andare a verificarle.

A dire il vero, il sindaco Occhiuto, nella primavera del 2014, ha provato in tutti i modi a uscire dal guado coinvolgendo un “finanziatore” nella sua società.

Scorrendo la visura camerale risulta evidente che Mario Occhiuto ha un sacco di problemi. E così, dopo il suo riverito nome, seguono quelli di Zeta Tre Srl ed Equitalia Sud SpA, che compaiono nel documento perché titolari di diritti su quote sociali. La Zeta Tre Srl ha ricevuto in pegno le quote della società di Occhiuto nella sua qualità di creditore pignoratizio.

Equitalia invece risultava nella visura camerale con il termine “pignoramento”ed è stato proprio questo inghippo a determinare la chiusura del mOa e delle Cucine di Palazzo Salfi.

LA PIAZZA E LE OPERE

Quella antistante Palazzo Salfi, edificio dalla ottocentesca architettura in stile pompeiano, è una delle più belle piazze contemporanee di Cosenza.

Il Palazzo riporta a un celebre casato che diede i natali al più famoso dei Salfi, Francesco Saverio, letterato, politico (fu consigliere del re Gioacchino Murat e compositore di liriche tragiche per Napoleone Bonaparte) e librettista.

Palazzo Salfi, un unicum nel paesaggio urbano cosentino, è stato oggetto di un lungo restauro curato dall’architetto Mario Occhiuto.

La piazza ospita l’installazione di opere d’arte come “I viaggiatori” di Maurizio Orrico e “Le dormienti” di Mimmo Paladino.

Quest’ultima opera è stata anche al centro di una polemica tra l’artista e il sindaco. Paladino infatti non aveva dato il suo consenso all’esposizione dell’opera facendo fare una delle tante figure barbine al nostro primo cittadino.

Quanto a “I viaggiatori”, le statue sono sempre lì ma a quanto pare mancherebbero delle autorizzazioni, non certo comunali.

E così il sindaco, mentre brigava per demolire la statua di Gesù Cristo a via Popilia e non toccava le numerose altre in giro per la città, espone le sue “perle” davanti al suo studio professionale pignorato. E a quanto pare rientrava anche in possesso delle Cucine di Palazzo Salfi quando c’è da celebrare qualche evento privato.

In due parole: la solita “giustizia alla cosentina”.

IL FINANZIATORE

Ma torniamo al tentativo fatto dal sindaco di ritornare nella titolarità di Palazzo Salfi. Occhiuto ha cercato a lungo un finanziatore per pagare questi benedetti due milioni e, secondo quanto risulta dalla visura camerale, lo aveva anche trovato,

Questo finanziatore, l’imprenditore Davide Barzan, ha acquisito il 45% delle quote ma aveva subordinato il completamento dell’operazione a un altro movimento finanziario: l’acquisizione del Cosenza Calcio. Che però, ahilui, non andò a buon fine.

E così Palazzo Salfi e le sue Cucine sono state (ufficialmente) in una prima fase chiuse per… debiti e pignoramento. Ma nessuno doveva scriverlo… Perché, come in tutti i segreti di Pulcinella che si rispettino, Occhiuto continuava a utilizzare Palazzo Salfi come meglio credeva.

E così il sindaco “usava” Palazzo Salfi per incontrare l’architetto Calatrava, per esempio, ma molto spesso – giusto per fare un altro esempio – per bellissimi ricevimenti matrimoniali, tipo quello di Cirò quando andava d’accordo col cazzaro e tanti altri ancora. Alla fine, come detto, Palazzo Salfi è uscito fuori dalle grinfie degli Occhiuto ma la sua “storia” e la leggendaria ospitata di Gratteri, “pilotata” da quell’editore che sguazza sulla terrazza (che fa anche rima) resterà per sempre nella storia “nascosta” e inconfessabile della città di Cosenza. 

LA NUOVA PROCURA DI CATANZARO

Siamo quasi all’epilogo. Quasi a simboleggiare il “patto di non belligeranza” tra Gratteri e la malapolitica, il 15 novembre 2022 viene inaugurata la nuova procura di Catanzaro. Con tanto di presenza del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Perché si fa presto a dire che Gratteri è impariziale e che le sue indagini non guardano in faccia nessuno ma non è vero. Così come non è vero che non guarda al colore degli indagati, visto che da quando si è insediato, la destra ha vinto due volte di fila e almeno nella prima occasione è stato proprio lui a spianargli la strada azzoppando il rivale del centrosinistra Mario Oliverio.

Come dite? Gratteri ha rivolto critiche implacabili alle cosiddette schiforme della giustizia? Da quelle degli intoccabili Draghi&Cartabia a quelle dello stesso Nordio? Beh, a vederli insieme allegramente all’inaugurazione non si direbbe che siano avversari spietati, anzi… Dev’essere il solito effetto Twin Peaks! 

Ma non è finita qui. A Lamezia Terme, nell’area industriale dove ha sede già l’aula bunker, sorgerà anche l’archivio distrettuale. L’annuncio è stato dato dallo stesso procuratore capo Nicola Gratteri nel corso della cerimonia di inaugurazione della nuova sede della procura di Catanzaro alla presenza del ministro della Giustizia Carlo Nordio. E sapete cos’ha detto?

“Il presidente della Regione, Roberto Occhiuto – ha spiegato Gratteri tanto per chiarire meglio di cosa parliamo – ci ha dato la disponibilità gratuita di un capannone che sorge accanto all’aula bunker e qui a breve prenderà vita l’archivio distrettuale, uno dei più grandi esistenti”. E mentre lo diceva, come si vede dalla foto di copertina in alto, ad annuire c’era anche l’amico Delrio. Ma la chiusura del siparietto, affidata a Nordio, se possibile, è ancora più chiara e forte. “Qui è stato fatto un miracolo – ha dichiarato il Guardasigilli estasiato – unendo l’arte con l’efficienza e la modernità”. Amen.

Torniamo a Twin Peaks per il finale.

La mia gente è convinta che la Loggia Bianca sia un luogo dove vivono gli spiriti che governano gli uomini e la natura. […] C’è anche una leggenda su un posto chiamato la Loggia Nera, cioè l’io-ombra della Loggia Bianca. Questa leggenda dice che ogni spirito deve passare di lì se vuole raggiungere la perfezione. Solo lì potrai incontrare l’io-ombra che ti appartiene. Noi la chiamiamo anche “La dimora del limite estremo”. […] Ma fa attenzione, se entri nella Loggia Nera e il tuo cuore non è saldo, allora la tua anima sarà incenerita. [Agente Hawk nella seconda stagione de I Segreti di Twin Peaks]