Omicidio Bergamini story, 32^ udienza. Il teste Rinaldi: “Denis aveva le braccia alzate, chiedeva aiuto e cercava di fermare le auto”

Il breve rinvio della sentenza del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini (dalla fine di luglio al 1° ottobre con requisitoria, conclusioni e arringa a settembre) non ci impedisce affatto, anzi ci agevola nella necessaria, LUNGA e indispensabile opera di ricostruzione delle fasi salienti del processo. 

9 GENNAIO 2023 – 32^ UDIENZA 

“Aveva entrambe le braccia alzate sul lato sinistro della carreggiata verso Cosenza, chiedeva aiuto e cercava di fermare le macchine che passavano”. La testimonianza di Berardino Rinaldi è stata il “pezzo forte” della 32^ udienza del processo per l’omicidio volontario e pluriaggravato di Denis Bergamini in corso in Corte d’Assise a Cosenza. Il testimone ha riferito che Bergamini cercava aiuto, che cercava di fermare le auto tra le 15,30 e le 16,45 (o al massimo tra le 16 e le 17) di quel maledetto pomeriggio del 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico.

Nel racconto di Isabella Internò, secondo la quale lei e Denis Bergamini avrebbero trascorso un’ora e mezza (!) sempre dentro l’auto, parcheggiata nella piazzola, a discutere dell’intenzione di questi di lasciare l’Italia, si inserisce, dunque, la testimonianza di Berardino Rinaldi, un rappresentante di commercio che il pomeriggio del 18 novembre 1989 dal suo paese di residenza, Amendolara, sta andando a Rocca Imperiale per una rappresentazione commerciale – sta procedendo quindi in direzione Taranto.

Berardino Rinaldi ricorda che c’era ancora luce e, giunto all’altezza della piazzola dopo il castello di Roseto Capo Spulico, nota parcheggiata all’interno dello spiazzo, nella parte iniziale, un’autovettura tipo berlina di colore scuro e nota all’interno la sagoma di una persona seduta al lato passeggero.

In corrispondenza della curva a destra, al termine della piazzola, Rinaldi vede sulla carreggiata opposta un ragazzo che ha le braccia alzate e le muove come se volesse fermare le auto. Quando Berardino Rinaldi lo incrocia, il giovane gli dà le spalle ma oltrepassandolo, poiché rallenta, ne vede il volto attraverso lo specchietto retrovisore. È un ragazzo biondo che indossa un giubbino marrone bruciato, una tonalità di marrone non particolarmente scura. L’uomo associa subito il giovane che si trova sulla corsia, all’auto parcheggiata nella piazzola poiché ha notato che nell’abitacolo non c’è il guidatore. La cosa che gli sembra alquanto strana è che il passeggero se ne sta seduto tranquillo nell’abitacolo, mentre il guidatore si sbraccia per fermare le auto.

Il giorno dopo, dalle foto apparse sui giornali, Rinaldi riconosce nel calciatore che i giornali dicevano essersi suicidato buttandosi sotto un camion la sera precedente, proprio il giovane che aveva visto il pomeriggio del giorno prima. Rinaldi pensa istintivamente che se il giovane avesse voluto suicidarsi lo avrebbe potuto fare nel frangente in cui egli lo vide, allorché stava transitando, nella stessa corsia in cui si trovava il giovane, una Golf Wolkswagen di colore bianco, che lo aveva evitato e per compiere quella brusca manovra stava per scontrarsi con la sua auto.

Invece Rinaldi racconta che il giovane, che incrocia quel pomeriggio, non ha intenzione di suicidarsi, altrimenti quale buona occasione che quella di lanciarsi sotto la Volkswagen Golf in transito in quel momento. Secondo Rinaldi il ragazzo sta chiedendo aiuto in quanto cerca di fermare le auto che vanno verso Cosenza.

Ma ecco le dichiarazioni testuali di Rinaldi, che oggi in aula ha pienamente confermato la sua testimonianza della fase istruttoria del processo: “Nel 1989 ero rappresentante di commercio e quel sabato pomeriggio della morte di Bergamini mi trovavo a bordo della mia autovettura Renault 5 e stavo transitando sulla Statale 106, da Amendolara stavo andando a Rocca Imperiale… ricordo che si vedeva ancora, posso collocare la fascia oraria tra le 16 e le 17; infatti la rappresentazione era fissata per le ore 17…

Sono certo che non era la piazzola situata subito dopo il Castello di Roseto. Ricordo che dopo la curva a destra, iniziava una leggera salita e immediatamente a destra c’era una piazzola e nella piazzola, all’inizio della piazzola ma comunque all’interno vi era parcheggiato un veicolo tipo berlina… di colore scuro… si vedeva la sagoma di una persona, non so dire se donna o uomo, perché dalla mia auto non si vedeva. Questa sagoma era a bordo dell’auto, nella piazzola, seduta al lato passeggero… dopo la piazzola, all’altezza dell’altra curva, ma sul lato opposto c’era un ragazzo, lo vedevo di spalle, che era al centro della sua corsia e che aveva le braccia alzate e le muoveva come se cercasse di fermare le auto per chiedere aiuto.

Nel frattempo ricordo che nella corsia di marcia, dove si trovava il giovane, transitava un’auto Volkswagen Golf di colore bianco… con a bordo delle persone. Ebbene, ho notato che quest’auto ha schivato il giovane, invadendo la mia corsia… poiché procedevo piano e rallentavo ulteriormente, vedendo il giovane, ricordo che ho superato il giovane che è rimasto sempre di spalle e con il viso rivolto verso la direzione Taranto, ricordo che si muoveva con il corpo, ma non ricordo se quando transitai io, aveva abbassato le braccia o se le aveva ancora alzate.

Ricordo che il giovane era biondo, dallo specchietto retrovisore ho intravisto anche il viso, ed ebbi l’impressione che cercasse aiuto. Ricordo che indossava un giubbino marrone bruciato, ma un marrone non scuro…posso dire con certezza che il giovane che vidi il pomeriggio di sabato 18/11/1989 non aveva intenzione di buttarsi sotto l’auto. Anzi ho percepito che stesse cercando aiuto, lo posso dire con certezza.

Il giorno dopo, anzi la mattina dopo, vedendo il giornale e vedendo la foto di Bergamini ho con certezza associato quel volto al giovane visto il pomeriggio di sabato 18/11/1989…nell’immediatezza ho pensato che l’auto Golf che avevo visto io era riuscita a schivarlo, mentre un altro veicolo in transito lo aveva investito, e quindi ho pensato all’inizio ad un incidente…poi però ripensandoci e sentendo voci che parlavano di suicidio ho pensato, ritornando alla scena che vidi, ossia di Bergamini con le braccia alzate ed al centro della sua carreggiata, che se voleva suicidarsi lo avrebbe fatto lanciandosi sotto il Golf, che comunque non procedeva piano ma ad un’andatura media regolare.

La cosa che mi rimase in mente, come fatto strano, è che la persona in auto stava seduta nell’abitacolo tranquilla, mentre il giovane ossia Bergamini era con le braccia alzate, ripeto che pensai, vedendo quella scena che stesse chiedendo aiuto…ho associato il giovane, ossia Bergamini, all’auto nella piazzola perché nell’auto non c’era il conducente. Come già detto la sagoma era seduta sul lato passeggero…”.

Fin qui la testimonianza di Berardino Rinaldi, che si presta a una serie di fondamentali interrogativi che meritano tuttavia un’analisi particolareggiata, che non mancheremo di realizzare a mente fredda.

Nel corso dell’udienza sono stati ascoltati anche altri tre testimoni che si trovavano a Roseto Capo Spulico quel pomeriggio, ma che sono caduti in evidenti e pacchiane contraddizioni. Per non parlare della teste Anna Napoli, di professione avvocato, che figura clamorosamente in una serie di intercettazioni di un famigerato cronista al servizio della cricca di Isabella Internò. Si torna in aula giovedì 12 gennaio.